Vi è mai capitato di sentir parlare di tensione nominale quando ci si riferisce ad un impianto elettrico senza però sapere di cosa si tratta? Bene, se non sapevate dove trovare questa informazione la vostra ricerca è finita, perché in questa guida vogliamo fare finalmente chiarezza su un aspetto oscuro per i non addetti ai lavori.
Cos’è la tensione nominale?
In realtà definire cos’è la tensione nominale è piuttosto semplice, perché si tratta del Voltaggio utilizzato per progettare l’impianto elettrico. La cosa importante da sapere è che la tensione nominale può essere diversa da quella effettiva.
Per esempio la tensione di un impianto elettrico civile (per intenderci quello che si trova nelle nostre case) è di 220 V ma, la tensione può subire oscillazioni e assumere valori sia più alti che più bassi della tensione nominale. Questa oscillazione però non deve superare certi limiti previsti per legge (più avanti vedremo anche questo aspetto).
La tensione nominale, inoltre serve anche per classificare i vari impianti elettrici che possono essere considerati impianti di bassissima tensione, bassa tensione, media tensione o alta tensione. La classificazione è piuttosto semplice visto che gli impianti al di sotto dei 50 V rientra nella prima categoria, mentre gli impianti elettrici diffusi nelle nostre case rientrano in quelli di bassa tensione e hanno un Voltaggio compreso fra i 50 e i 1.000 V.
Proseguendo, gli impianti con tensione compresa fra i 1.000 e i 30.000 V rientrano nella categoria successiva, mentre quelli che superano i 30.000 V sono considerati impianti ad alta tensione. Ad ogni modo abbiamo considerato solo gli impianti a corrente alternata visto che sono i più diffusi.
Questa classificazione ovviamente comporta diversi accorgimenti dal punto di vista della sicurezza, per esempio, gli impianti pubblici di bassa tensione non necessitavano del calcolo di bassa tensione fino al 24 Gennaio 2012, requisito invece necessario per tutti gli altri impianti.
La normativa CE-I 64-8
La classificazione che abbiamo appena analizzato serve anche per stabilire quali norme l’impianto deve seguire, possiamo quindi dire che la tensione nominale influenza anche il grado di sicurezza previsto per legge.
Prendendo ancora una Volta l’impianto elettrico diffuso in casa, con tensione nominale di 220 V, questo tipo di impianto è soggetto alla norma CE-I 64-8, visto che comprende tutti gli impianti al di sotto dei 1.000 V in corrente alternata.
Cosa prevede questa normativa? Innanzitutto prevede che la tensione reale non sia mai superiore o inferiore del 10 % rispetto alla tensione nominale (anche se il limite consigliato è del 4 %). Questo ovviamente per garantire il funzionamento ottimale di tutti i componenti.
Inoltre, la normativa, stabilisce anche i 3 livelli di fruibilità di un impianto elettrico a bassa o bassissima tensione. In particolare il livello 1 stabilisce gli standard minimi sotto i quali non è possibile scendere, mentre il livello 3 regolamenta gli impianti con dotazioni più sofisticate come ad esempio gli impianti domotici.
Infine, gli ultimi 2 requisiti che deve avere un impianto regolamentato dalla norma CE-I 64-8 sono la sfilabilità dei cavi e lo spazio all’interno delle cassette di deviazione. Quest’ultimo deve eccedere del 20 % rispetto a quello effettivamente richiesto.
Come si calcola la tensione nominale
Partendo dal presupposto che dovrebbe essere indicata nei vari schemi di progetto, la tensione nominale si calcola in maniera diversa per gli impianti monofase e trifase. Per gli impianti monofase è più semplice visto che viene calcolata come la differenza di potenziale fra fase e neutro.
Al contrario negli impianti trifase, comune negli impianti industriali, hanno 2 tensioni nominali che devono essere entrambe specificate. La “tensione di linea” viene calcolata fra 2 fasi, mentre la “tensione di fase” viene calcolata fra fase e neutro e chi si occuperà del progetto dovrà tenerne conto anche per la scelta dei vari componenti.